Nell’Odissea di Omero l’isola di Levanzo è narrata come un approdo sicuro di Ulisse e definita come isola delle capre: oggi la più piccola dell’arcipelago delle Egadi mantiene quell’aurea remota, legata senza dubbio al fatto di essere poco abitata, alla presenza di pochissime strade asfaltate e di paesaggi selvaggi e pressoché incontaminati.
In passato Levanzo era chiamata Phorbantia, in riferimento alla presenza di molta erba sull’isola, mentre l’attuale nome fa riferimento al modo di prelevare acqua dall’unico pozzo presente nel sud dell’isola.
L’isola di Levanzo si trova a circa 12km dalle coste di Trapani e si estende su appena 5km: ai piedi di Pizzo Monaco, ovvero il monte più alto di Levanzo, si aprono scenari spettacolari dove si alternano bianche rocce calcaree, baie nascoste, una vegetazione rupestre con specie endemiche e un mare straordinariamente cristallino.
Cosa tratteremo
Le spiagge più belle di Levanzo
Vivere l’isola di Levanzo significa fare bagni di sole e mare presso le tante spiagge rocciose, a partire da Cala Fredda, molto vicina al porticciolo e raggiungibile in appena 10 minuti costeggiando il mare su un sentiero pianeggiante. La spiaggia è composta da piccoli ciottoli bianchi e vede anche un facile accesso al mare: questo tratto di mare è assai pescoso, tra saraghi, ricciole, occhiate, ricci e anche aragoste.
Ha un aspetto molto più selvaggio la vicina Cala Minnola, raggiungibile sia a piedi che via mare: questa baia rocciosa, vicino alla quale si scorgono le vestigia di una struttura dove i romani lavoravano il pesce, è molto più grande di Cala Fredda ed è incastonata tra il mare e la pineta, dove trovare refrigerio nelle più calde giornate estive.
Dall’unico centro abitato dell’Isola di Levanzo sono poi raggiungibili Cala Dogana e la Spiaggia del Faraglione: la prima è più vicina al centro ed è più servita, mentre la seconda si raggiunge attraversando la Via Pietre Varate, tra piante di capperi, fichi d’India, agave e curiosi nidi di gabbiani. La Spiaggia del Faraglione si trova dalla parte opposta al porticciolo dell’isola e prende il nome dai resti di un faraglione posto su un isolotto raggiungibile anche a nuoto grazie ai fondali bassi: la vista da questa spiaggia regala scorci sulle altre isole principali delle Egadi, ossia Favignana e Marittima.
Chi vuole coniugare la passione per il trekking con la voglia di mare, può optare per Cala Tramontana, raggiungibile attraverso un sentiero lungo poco meno di 4km, splendida con le sue grotte e caverne tutte da scoprire. Per arrivarci si può partire da Cala Dogana e passare per le Case Florio, un’antica masseria formata da più edifici coloniali da poco restaurati grazie al contributo della stilista Miuccia Prada: proseguendo sullo stesso sentiero, tra pini di Aleppo e terebinti, si può arrivare fino al suggestivo Faro di Capo Grosso.
La storia più antica dell’isola di Levanzo
Tra le esperienze imperdibili da fare a Levanzo ci sono le immersioni nel mare turchese che bagna questa bellissima isola: oltre a una vivacissima fauna marina e alle praterie di posidonia, i fondali regalano tesori inimmaginabili. Ad esempio tra Punta Altarella e Cala Minnola si trovano, a una profondità di quasi 30mt, resti di imbarcazioni romane, con vasi in ceramica dipinti con figure nere e anfore del I a.C. contenti vino campano.
A largo di Capo Grosso, invece, ci sono i resti di una storica battaglia avvenuta nel 241 a.C. tra i cartaginesi di Annone e i romani di Caio Lutazio Catulo: lo scontro, figlio della guerra punica in corso, si risolse con l’annientamento di ben 50 navi cartaginesi e i fondali custodiscono ancora elmi, anfore e rostri.
Ben più antica è la storia custodita all’interno della Grotta del Genovese, scoperta nel 1950 da Francesca Minellomo, pittrice fiorentina che pare svelò l’esistenza di questa grotta per caso. Un’altra storia narra siano state le indicazioni dei pescatori di Levanzo a indicarle il luogo come tana di conigli: in ogni caso ciò che si rivelò agli occhi della donna fu un microcosmo ricco di incisioni e pitture rupestri del Paleolitico e del Neolitico. Le pareti recano immagini di uomini danzanti attorno a quello che potrebbe essere uno sciamano, figure femminili e molti animali tra cui un cane, felini, equini, buoi, cervi e figure pesciformi, come delfini e tonni, evidentemente già abbondanti sin dalla preistoria.